Casa Gucci, Casa Vianello.

In House of Gucci ci sono anche cose belle. Lady Gaga ad esempio, Adam Driver, Moira Orfei. (No, non c’è Moira Orfei ma è come se ci fosse)

 

Lady Gaga in House of Gucci

Sono stata a vedere, finalmente, House of Gucci, il film che racconta le gesta della famiglia Gucci prima del fattaccio che sconvolse il mondo e le tv, ma anche il film che ha fatto sghignazzare Tom Ford (“Mi sono sentito come se fossi sopravvissuto a un uragano” cit.)

Arriverà tra pochissimo nelle sale italiane ma chi l’ha visto assicura: ci si diverte. Un po’ meno si divertirà la famiglia Gucci che ha già lanciato alcuni stracci firmati in faccia al regista Ridley Scott, il quale, noto per non saper incassare nemmeno mezza A, ha risposto piccato come farebbe uno studentello di prima elementare. (Una cosa tipo, ritenetevi fortunati che siete in un film con questo cast)

Non li biasimo, se fossi una Gucci avrei qualcosa da dire anche io, non tanto per i miei familiari dipinti come “teppisti ignoranti e insensibili al mondo” come recita il comunicato ufficiale che gira in rete, ma perché, insomma, su alcuni personaggi si calca un po’ la mano.

E allora togliamoci subito il dente: Jared Leto che fa Paolo Gucci, il senza talento della famiglia, è esageratamente sciocco.

Ora, di Paolo Gucci si trovano poche interviste dice Ridley e quindi “abbiamo dato forma al suo personaggio giocando sulla sua nota esuberanza e sul suo essere sopra le righe”. Va bene ma è un po’ troppo Jared, “fai meno, fai meno, sembravi un licantropo” dice Santolamazza a Lepore nel film Compagni di scuola di Carlo Verdone.

Durante la visione si è sopraffatti da diverse cose. Se nel film “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino veniamo invitati a non disunirci perché la realtà è scadente, qui è tutto un blocco disunito scandito da un susseguirsi di hit famosissime, la tipica musicassetta che compravamo a San Marino tra gli ’80 e i ’90 durante le soste in viaggio con papà: Blondie, George Micheal, Eurythmics, Pavarotti, Donna Summer. Messe un po’ a didascalia però, incalzanti. Ma che mi vuoi fare la sceneggiatura con i titoli delle canzoni? Faith in chiesa, Baby Can I Hold You in chiusura.

E poi sopraffatti, dicevo, anche da un susseguirsi di prove, performance, numeri dei singoli artisti. Ecco numeri come dati ma anche numeri da show, e la conferma arriva verso la fine, quando, in una scena che vorresti non finisse mai – dicevo che ci sono anche cose belle no? – Patrizia Reggiani e Pina Auriemma si incontrano in un barettino all’aperto e nascosto con i tizi che avrebbero poi compiuto il misfatto. Dopo aver ordinato un caffè – vuoi un espresso/voglio un espresso è la frase leitmotiv del film – vediamo Moira Orfei che arriva a servirlo. Non è Moira Orfei, ma ridà. E tanto è bastato a servire oltre al caffè anche la chiave di lettura definitiva. House of Gucci è uno spettacolo circense dove il cast, l’equilibrista di turno, entra in scena, fa la sua piroetta e se ne va. Poi entra il domatore di leoni, fa la sua parte se ne va, poi il clown che fa più o meno ridere e se ne va. Alcuni se ne vanno tra gli applausi altri tra lo sbigottimento generale, ma mai severo.

Vediamo ora le cose anche belle di House of Gucci.

Il poster Dynasty.

Mi sta simpatico, non so perché. Un po’ Dynasty, suo diretto antenato. Dynasty si apre alla vigilia delle nozze tra il magnate del petrolio Blake Carringdon e la sua ex segretaria  Krystle Jennings, che all’indomani delle nozze dovrà affrontare l’ostilità di casa Carringdon. Più o meno Casa Gucci parte così, con Rodolfo Gucci – padre di Maurizio – che dà forfait il giorno delle nozze. E se nel poster di Dynasty, 1981, il magnate del petrolio Blake Carrington sta in primo piano al centro della scena contornato da femmine, oggi i tempi cambiano e Patrizia Reggiani, 2021, primeggia in un gruppetto di maschi imparentati e incapaci – forse perché imparentati – di tenere in piedi un impero come quello di Gucci. (Non riusciamo neanche a farci la vigilia di natale con i parenti, figuriamoci portare avanti un casa di moda per anni).

Dinasty o House of Gucci?

 

Lady Gaga

Mandante del delitto Gucci, giganteggia nel ruolo di Patrizia Reggiani, e si assomigliano pure. Fa ridere e i suoi tempi comici sono impeccabili. Con lei ho riso di gusto, e non con la pietà con cui si osserva il curioso caso di Paolo Gucci. Se avrà una nomination agli Oscar per me è un sì. Se avrà proprio un Oscar sarà anche per quel “che cazo succede” buttato come la borsa sul divano mentre torna a casa e trova la finanza. La vera Patrizia Reggiani, una indomabile Sagittario nata in questi giorni, si rivela nel documentario su Discovery Plus “Lady Gucci”, come donna più unica che rara e non era certo semplice darne una prova così convincente. Nella trama come nella vita vera, è tutto abbastanza ingarbugliato, tra quote cedute, tradimenti, gelosie, e Ridley Scott sembra evidenziarne più il ritratto di vittima abbandonata che di spregiudicata arrivista. Aspetto che non è passato inosservato alla famiglia Gucci.

Adam Driver

Per fortuna esiste, ed è Maurizio Gucci. È buffo con quel suo modo di andare in bicicletta e per come sorride. Forse è solo timido, pensi, e infatti lo descrivono così, timido e garbato. Giggioneggia per un po’, poi con la morte del padre e una valanga di responsabilità addosso, diventa uno stronzo seriale che neanche Norman Bates è così bipolare. Bravissimo, straordinario.

Adam Driver

La lingua: come i Gucci parlerebbero l’inglese da italiani secondo Scott e vocal coach.

Per molti un difetto, per me un pregio. Una delle cose belle di questo film risiede in una delle cose brutte del film. A tratti ti chiedi perché, poi semplicemtne ti abitui. Una ragazza del Nord Italia mi ha detto che i suoi genitori quando parlano inglese parlano così, e allora sarà. Tanto lo abbiamo capito che il regista voleva farci divertire e allora che male c’è nell’ottenere il risultato sperato con qualsiasi mezzo. Il meglio della risata però arriva quando l’inglese russizzante si alterna a battute recitate in italiano.

La grande delusione. Pina Auriemma.

Salma Hayek interpreta Pina Auriemma detta la maga (ma boh) e migliore amica della Reggiani – “eravamo sorelle” – ed è per me è la più grande delusione del film. Sia per la piccola quantità di scene in cui è protagonista, sia perché – su volontà della regia – ha reso questo personaggio l’ennesima macchietta comica, più russa di tutti gli altri russi del film. Non viene dato il giusto peso al ruolo che questa stravagante e complessa amicizia ha avuto nello sviulppo della vicenda, forse perché a differenza di come pensavo, la storia si concentra pochissimo sull’omicidio – per niente sulla risoluzione – e molto su fatti di quote aziendali e successioni.

Casa Gucci

Altro

Rodolfo Gucci è il padre di Maurizio, Jeremy Irons, giustamente doveva essere anche lui un attore strafamoso. È il più serio però, ti viene da pensare che anche lui si chieda ma come ci sono finito qui? E infatti poi muore prima del figlio.

Aldo Gucci, Rodolfo’s brother, è Al Pacino, è bravo, che gli vuoi dire ad Al. Paolo Gucci, il figlio di Aldo è Jared Leto sotto cera e ceroni, vabbè vedi sopra e aggiungo, ottimo provino le faremo saperePaola Franchi l’amante di Maurizio è Camille Cottin, conosciuta ai più per la serie Call my agent, e ti chiedi, oh Ridley ma a questo punto non potevi scegliere Madonna per fare l’amante? SCHERZO.

Tutti i personaggi sono un po’ caricature perché Scott vuole che il pubblico che non riuscirà ad identificarsi con la famiglia Gucci, almeno si diverta. È così, poi all’uscita mi sono chiesta, un po’ stupita: ma dovevo davvero divertirmi così tanto nel vedere un dramma di parecchie vite distrutte? Per Ridley è un sì, è spettacolo puro, un suo personale trionfo pop. Consigliato sì, possibilmente in lingua originale. Altrimenti c’è il rischio che neanche si rida e allora diventa consigliato nì. PS. mi sono divertita anche io a scrivere queste righe eh.

Jarred Leto

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