Hotel Gagarin. C’era chi era incapace a sognare e chi sognava già

Il debutto cinematografico di Simone Spada, in passato aiuto regista di molti autori del nostro cinema, è un’opera piena di grazia e simpatia che racconta le picaresche avventure di una stravagante troupe cinematografica, capace di cogliere l’essenza più pura del cinema. Il film è nelle nostre sale dal 24 maggio.

 

Hotel Gagarin

Incanto e disincanto. La mia idea di cinema si racchiude perfettamente in queste due parole: da una parte la fabbrica dei sogni, dall’altra un sistema che spesso i sogni di un aspirante regista li svilisce e li distrugge. Questo evidentemente lo sa bene un giovane autore come Simone Spada che ha avuto il privilegio di lavorare accanto ad un regista come Claudio Caligari, l’uomo che con ogni probabilità ha visto svanire il maggior numero di progetti cinematografici. Non so se Spada abbia pensato anche a lui quando ha deciso di raccontare le tragicomiche vicissitudini di Nicola (Giuseppe Battiston), un professore di liceo che fa lezioni di storia citando le opere di grandi maestri del cinema come Sokurov e i fratelli Taviani; di sicuro Nicola ha un sogno nel cassetto, fare un film da quella sceneggiatura (“I diari di Marta”) che ha scritto rievocando le sue remote origini armene, ma quel sogno è finito nel cassetto dell’uomo sbagliato.

Hotel Gagarin

Hotel Gagarin è una favola e come in tutte le favole non può mancare il lupo cattivo: il suo nome, foriero di elevate aspettative, è Franco Paradiso (Tommaso Ragno), un uomo senza scrupoli che, per mettere le mani su un finanziamento europeo, si spaccia per un produttore pronto a far partire le riprese del film. Nasce così, con la complicità di Valeria, una donna sempre imbronciata (Barbora Bobulova), il più improbabile dei cast e delle troupe cinematografiche. Patrizia (Silvia D’Amico) è un’attrice di strada, nel senso che è proprio su un marciapiede, nel pieno esercizio della sua professione, che Paradiso la raccatta. Elio (Claudio Amendola) è un elettricista ed affidargli il ruolo di tecnico delle luci sembra una soluzione più che credibile, così come affidare il ruolo di operatore a Sergio (Luca Argentero), un fotografo dallo spinello facile e, per questo, sempre con il fiato dei creditori sul collo. La squadra è fatta, l’aereo per la gelida Armenia è pronto a decollare e con esso anche il film, quello di Nicola forse no, ma quello di Simone, il nostro “Hotel Gagarin”, certamente si.

Hotel Gagarin

Cosa accadrà all’interno di questo isolato e semi-abbandonato hotel che li ospiterà tra le nevi dell’Armenia e quanto sarà importante l’incontro con la popolazione locale è meglio che sia il pubblico a scoprirlo. Una interessante anticipazione, la scintilla del cambiamento per i personaggi del film, ce la suggerisce il misterioso personaggio di Virgil (Philippe Leroy), un dispensatore di saggezza, che ricorda a Nicola che la parola “crisi” in cinese ha un doppio significato ed uno di questi è “opportunità”. Ciascuno dei protagonisti del film saprà cogliere questa opportunità per diventare una persona diversa, per allargare gli orizzonti del proprio cuore e per intraprendere quel viaggio verso la felicità, che, citando Tolstoj, è diventato, nelle intenzioni dello stesso regista, manifesto del film. “Hotel Gagarin” si configura perciò come un inusuale film on the road, dove alla staticità fisica dei protagonisti fa da da contraltare il lungo e rocambolesco viaggio che compiono i loro cuori.

Le istruzioni d’uso per la migliore fruizione dell’opera impongono un totale abbandono alla leggerezza e alla fantasia, chi pretenderà di dare una spiegazione ragionevole agli avvenimenti narrati avrà chiaramente imboccato la strada in direzione contraria. E quando il racconto si sarà svelato del tutto che nessuno abbandoni la sala, i titoli di coda contengono la chiave per aprire uno scrigno pieno di sogni e magia.

Simone Spada si dimostra molto abile nel costruire una commedia divertente e piena di romanticismo, ma anche nel saper collocare alcune intuizioni che accrescono il rapporto empatico con lo spettatore. Tra i grandi meriti del film va certamente ascritto quello di un cast in eccezionale stato di grazia. Giuseppe Battiston è sempre uno straordinario catalizzatore di umanità, il suo Nicola è un portatore sano di valori ed ideali che nella nostra società rischiano di diventare “specie in via di estinzione”. Silvia D’Amico fa della sua sfrontatezza, ancora una volta, una maschera dietro la quale riesce a nascondere fragilità e tenerezza. Barbora Bobulva sa essere algida come forse mai l’avevamo vista prima al cinema, ma nel suo lento sciogliersi rivela tutta la sua eleganza ed il suo fascino. Nei panni di Kira, la loro interprete, è una bella rivelazione anche Caterina Shula, giovane attrice bielorussa cresciuta ad Ostia e realmente incinta durante le riprese avvenute ad una temperatura esterna che ha toccato i meno 24.  Claudio Amendola mostra una misura espressiva che non gli è abituale, ma chi, probabilmente, risulta meno riconoscibile di tutti rispetto ai suoi precedenti ruoli è Luca Argentero, cui giova anche la leggera trasformazione fisica con barba e capelli lunghi.

Nella prima parte del film Sergio appare come il personaggio più consapevole, quello con i piedi meglio ancorati al terreno, ma quando un giorno, per ingannare vede Elio, senza un reale motivo, dipingere nuvole bianche su un grande pannello di colore azzurro anche il suo cuore comincia a volare e a librarsi nel cielo dei sogni.

/// il trailer ///

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