Miss Marx. Niente di ciò che è umano mi è estraneo.

Siamo lontani da quel film straordinario che è stato ed è Nico 1988, vincitore della sezioni Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia 2017, ma Susanna Nicchiarelli è brava. È brava a farci spiare nelle stanze tirate a lucido delle nostre ipocrisie e a farci incazzare per le ipocrisie degli altri. È brava a riflettere sulla morale, senza mai fare la morale.

Miss Marx

La storia è quella di Julia Eleanor Marx, soprannominata Tussy, terzogenita del filosofo Karl Marx ed erede del suo pensiero socialista, attivista nel campo dei diritti dei bambini e delle donne e traduttrice. Ha tradotto, tra gli altri, anche Madame Bovary, è sua la prima traduzione inglese dell’opera, e il legame con il personaggio flaubertiano si dipana nel corso del film, seppur apparentemente sottotraccia. Eleanor è una donna forte, forte di quelle idee che hanno sorretto e incarnato il pensiero del padre e che sorreggono anche lei, quando il padre muore. Forte come una dipendenza, ma quale idea non lo è? Si innamora dell’attivista e fondatore della Social League Edward Aveling ed è lì che inizia a manifestarsi la frattura tra il suo privato e il pubblico. Se nel rapporto con il padre e nella dipendenza dalla sua figura e dalle sue idee Eleanor non avvertiva (e noi di conseguenza) alcuna dicotomia tra ciò che proferiva e la realtà in cui si muoveva, con Edward la frattura si fa evidente. Lui sperpera il loro denaro, persino quello del partito, la tradisce, mente, aggredisce quel bisogno di verità che Eleanor ha rincorso sin da bambina. Ho avuto la sfortuna di innamorarmi di lui, ammette. Come alcuni sono ciechi e altri sordi, lui non ha alcun senso morale. Eleanor continua a tenere comizi, ad andare nelle fabbriche, a rivolgersi alle donne, e ad ogni incontro, ora che abbiamo osservato dietro la polvere delle quinte, ci sembra sempre più finta, disonesta, quasi. Ci chiediamo incazzati perché non faccia coincidere il pubblico con il privato, non ci sembra disperata ma scorretta al pari di Edward, fino a quando non ci accorgiamo come la sua sia, in un modo che appare intollerabile, una forma di integrità, una scelta immutabile proprio in quanto scelta.

Miss Marx

Ho avuto la sfortuna di innamorarmi di lui, dice al fratellastro, come tu hai avuto la sfortuna di perdere tua moglie. Amore e morte, amore o morte. E qui torna Madame Bovary: se Emma vuole essere a tutti i costi anche ciò che non si può essere, realizzando tutte le possibilità pur in mancanza del contesto e degli strumenti adeguati, se il dramma di Emma è la morte delle possibilità di vita, che acquistano verità solo nell’immaginazione, il dramma di Eleanor è la totale assenza di uno spiraglio aperto all’immaginazione; dell’inevitabile, ma vitale, pericolo che l’immaginazione comporta e che contagia anche la realtà. Emma sceglie di morire per fornire a tutte quelle potenzialità inespresse e sempre in tumulto, la possibilità di acquietarsi. Eleanor, in una scena bellissima, si lascia andare ad un ballo solitario e vorticoso, mentre Edward dorme sul divano senza accorgersi di niente. Ed è quello l’unico lusso che concede al suo corpo ingolfato e rigido e a un’altra possibilità.

Miss Marx locandina film

Susanna Nicchiarelli si addentra in questo universo in tumulto, tra le pieghe di un’esistenza irrigidita dallo scarto tra il fuori e il dentro, rompe la ricostruzione storica attraverso l’utilizzo di materiale di repertorio e fotografie e attraverso la musica come in Nico, 1988 con il rock di Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo (che per quel film ha adattato e riarrangiato le musiche, oltre ad aver composto la colonna sonora) e con una cover di Dancer in the Dark di Bruce Springsteen firmata dai Downtown Boys, che ci ricorda come You can’t start a fire without a spark, this gun’s for hire even if we’re just dancing in the dark. La regista sceglie di rompere anche la quarta parete che separa spettatore e protagonista facendo parlare proprio Eleanor, che si rivolge al pubblico in un comizio privato sul lavoro operaio e sull’amore, due diverse schiavitù. Il rimando a Truffaut è d’obbligo (per stessa ammissione della regista); anche se la quarta parete non viene mai infranta in Jules et Jim, Catherine in qualche modo somiglia ad Eleanor, è certamente libera dai lacci di una morale comune, ma ha una sua morale, una concezione assoluta dell’amore che, come quella di Eleanor, si frantuma proprio perché assoluta, perché non prevede obiezioni né ripensamenti.

Immagine del film Miss Marx di Susanna Nicchiarelli

Per due ore di riflessioni, rabbia, impeccabile mise-en-scène, con Romola Garai in uno stato di grazia (come dimenticarla nel ruolo di Briony in Espiazione?) e i costumi di Massimo Cantini Parrini (Il Racconto dei racconti, Dogman, Pinocchio, Favolacce), se siete pronti a non mettere a fuoco tutto, perché la regista stessa sceglie di non farlo, trattenendo quella rabbia e quell’energia che escono fuori a singhiozzi, con la musica, un po’ come in Lars Von Trier, nella sua violenza anticipata o trattenuta proprio dalla musica o con gli occhi di Eleanor, che sembrano supplichevoli e fermi, in un ossimoro insanabile, andate a vedere questo film, presentato in concorso alla 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e #tornate al cinema.

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