Vivien Leigh: un pilastro della recitazione novecentesca

“Vivere accanto a Vivien è stato come essere in un ascensore in salita verso l’ultimo piano che all’improvviso precipita verso terra a folle velocità.” (Laurence Olivier)

 

Nata il 5 novembre 1913 a Darjeeling (India), fin da bambina Vivien Leigh – all’anagrafe Vivian Mary Hartley – sentì subito il desiderio di recitare. Dopo qualche fugace apparizione in recite amatoriali la Leigh riuscì, grazie all’appoggio dei genitori, a iscriversi alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra (R.A.D.A.), dove con disciplina e costanza incrementò il suo amore per il teatro: “Quando finirò la scuola diventerò una grande attrice” confessò all’amica e in seguito collega Maureen O’Sullivan.

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Nel 1932 conobbe Herbert Leigh Holman, suo prima marito e nel 1933 diede alla luce la sua prima e unica figlia, Suzanne. Ma fu nel 1935 che per l’attrice avvenne la vera svolta sentimentale, questa svolta si chiamava Laurence Olivier. La coppia sarebbe diventata, nel giro di qualche anno, una delle più glamour del panorama artistico mondiale.
Dopo un film (Elisabetta d’Inghilterra di William K. Howard) e uno spettacolo (Amleto diretto dallo stesso Olivier) assieme, i due dovettero separarsi per qualche tempo, siamo a cavallo fra il 1938 e il 1939. Olivier era impegnato sul set hollywoodiano di Cime tempestose di William Wyler e Leigh si sarebbe presto fatta conoscere in tutto il mondo come Rossella O’Hara. Scavalcando colleghe del calibro di Katharine Hepburn, Bette Davis, Susan Hayward, Joan Bennett e Paulette Goddard, la misconosciuta (e per giunta inglese) “Viv” riuscì a ottenere la tanto agognata parte della ricca ereditiera sudista partorita dalla penna di Margaret Mitchell e non solo! Alla cerimonia degli Academy del 1940 riuscì pure a portarsi a casa un Oscar. La conferma dell’infanzia era giunta: sì, era diventata una grande attrice.

Vivien Leigh - Quote via col vento
Una volta finita la faticaccia di Via col vento, Leigh iniziò a dividersi fra i palcoscenici di Londra e i set di Hollywood, i registi più quotati dell’epoca la corteggiavano senza un attimo di respiro, ma il teatro rimase la sua più grande passione, con o senza Olivier (la loro relazione iniziò ufficialmente nel 1940 col matrimonio e terminò nel 1960).
Memorabile interprete in Romeo e Giulietta, Antonio e Cleopatra, Cesare e Cleopatra, Riccardo III e di un certo dramma di Tennessee Williams: Un tram che si chiama desiderio. Prima Blanche nei teatri inglesi poi nell’ omonimo film diretto da Elia Kazan. Preferita a Jessica Tandy, Leigh con il suo tribolato personaggio (sempre del sud, come Rossella O’Hara) riuscì a ottenere il secondo Oscar, sancendo definitivamente la sua consacrazione quale divina interprete dell’angoscia – o meglio dell’ansia – umana. Angoscia che in realtà si portava appresso come un bagaglio ovunque andasse, ansia che poi si sarebbe tramutata in nevrosi (i primi attacchi sorsero quando lei era ancora ragazza) e successivamente diagnosticata come disturbo bipolare, tanto da immedesimarsi totalmente nel personaggio creato da Williams, culminato con il divorzio da Olivier aggravando anche una tubercolosi mai presa troppo sul serio.

Vivien Leigh - by Laszlo Willinger
Legatasi nell’ultimo periodo della sua vita a Jack Merivale (Olivier le rimase comunque sempre accanto fino alla morte), Leigh prese parte ad altri due film: La primavera romana della signora Stone (diretto da José Quintero e tratto da un altro dramma di Tennessee Williams) e La nave dei folli (sua ultima pellicola sotto la direzione di Stanely Kramer), allo spettacolo teatrale Ivanov tratto dal dramma di Anton Cechov per la regia di John Gielgud del 1966 e Hazlitt in Florence una lettura di brani scelti dello scrittore William Hazlitt organizzata a Oxford nel maggio del 1967 per raccogliere fondi dopo la devastante alluvione che colpì Firenze l’anno prima. Questa sarà l’ultima apparizione pubblica di Vivien Leigh. L’attrice infatti si spegnerà il successivo 7 luglio presso la sua abitazione londinese di Eaton Square. La tubercolosi mai curata le fu fatale.
Eletta all’unanimità icona di fascino e di eleganza, nell’immaginario collettivo rimarrà per sempre l’agguerrita e viziata Rossella O’Hara.
Chi riuscirebbe a eguagliare la sua bravura nel definire, spocchiosamente, “pupattola” Melania Hamilton (alias Olivia de Havilland)?
Chi meglio di lei riuscirebbe a tramutarsi nella fragile e malata Blanche DuBois affamata di rispetto e di affetto? O nella matura Karen Stone, passiva cacciatrice di sentimenti ormai divenuti inerti e stantii?

Tanti Auguri Vivien.

 

Per chi volesse documentarsi maggiormente sulla vita, gli amori e le esperienze lavorative di Vivien Leigh, consiglio l’ottimo libro di Michelangelo Capua “Vivien Leigh. Ansia di vivere”, edito da Lindau, prezzo € 18.

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